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Nel cuore delle Marche, una struttura ospedaliera emerge come un monumento alla pandemia: l’Ospedale Covid di Civitanova. Un investimento che supera i 600mila euro, una cifra non trascurabile, soprattutto in un’era di cinture che si stringono. Ma il valore di questa spesa è sotto il microscopio critico del pubblico e della stampa.
L’idea, promossa dall’ex governatore Luca Ceriscioli, è quella di convertire questo spazio in un polo per le liste d’attesa. La logica è pragmatica: riutilizzare un investimento già fatto per un bisogno ancora vivo. Eppure, la domanda sorge spontanea: la conversione è una manovra di efficienza o una toppa tardiva su una piaga già profonda?
Fabrizio Ciarapica, sindaco di Civitanova, pone l’accento sulle potenzialità dell’ospedale, evidenziando l’importanza di mantenere la struttura operativa non solo per la pandemia attuale ma anche come salvaguardia per future emergenze sanitarie. La visione è lungimirante, ma non esente da critiche.
La spesa, in effetti, non è stata esente da controversie. Molti vedono l’Ospedale Covid come un esempio di spesa pubblica incontrollata, un progetto che, nonostante le buone intenzioni, rischia di diventare un simbolo di risorse potenzialmente sprecate. L’investimento, realizzato nel culmine dell’emergenza, oggi si trova a dover giustificare la sua esistenza in un contesto cambiato.
La discussione si apre quindi su due fronti: da un lato, l’ottimizzazione delle risorse sanitarie esistenti, dall’altro, la pianificazione strategica per il futuro. La sfida è complessa e necessita di un dibattito approfondito che vada oltre la semplice dialettica politica.
Non possiamo permetterci di lasciare in piedi cattedrali nel deserto, ma dobbiamo altresì evitare di demolire ciò che potrebbe servire da fondamento per una sanità più resiliente. L’appello è quindi a un’esplorazione trasparente e razionale delle opzioni, mettendo in luce i punti chiave e promuovendo un dialogo che tenga conto sia delle criticità che delle potenzialità.
Fonte foto: regione.marche.it