Share This Article
Di Andrea Didone, Avvocato
Con Sentenza n. 6446 del 12 marzo 2024, la Suprema Corte di Cassazione ha affrontato il delicato tema della responsabilità civile nel settore del trasporto aereo, ponendo particolare attenzione ai diritti dei passeggeri in caso di ritardi dei voli.
La decisione in nota si basa su un principio fondamentale: il diritto alla compensazione pecuniaria del passeggero del volo ritardato non deriva dal disagio per l’attesa in aeroporto, ma si verifica ipso facto per ritardo superiore alle tre ore, con la conseguenza che la compensazione è dovuta automaticamente quando il ritardo supera le tre ore, indipendentemente dal fatto che i passeggeri abbiano effettivamente subito un danno individuale.
Si tratta di un principio di fondamentale importanza, in quanto pone l’accento sulla rilevanza della perdita di tempo, piuttosto che sul disagio o sul danno individuale specificamente subito dal passeggero. In altre parole, la Corte ha riconosciuto che il tempo ha un valore intrinseco e che la sua perdita, in sé, costituisce un danno, con la conseguenza che la compensazione è dovuta indipendentemente dalle circostanze specifiche dell’attesa.
Infatti, la fattispecie sottoposta all’esame della Suprema Corte traeva origine dalla presunta violazione degli articoli 3, 5, 6, 7 e 9 del Regolamento CE n. 261/2004, nonché degli articoli 1218 e 2697 del codice civile, in riferimento all’articolo 360, primo comma n. 3, del codice di procedura civile, denunziata da parte della Compagnia Aerea, la quale sosteneva, in linea con la decisione del Giudice di primo grado, che “il diritto alla compensazione pecuniaria sorge laddove il passeggero abbia sopportato il disagio di essersi presentato all’imbarco all’orario schedulato; se invece viene trattenuto in luogo ameno e di svago, che gli consenta di fatto di proseguire di qualche ora, senza oneri, la vacanza, non ha diritto alla compensazione“.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso e, in maniera del tutto corretta, ha confermato la sentenza di appello la quale, richiamando la Decisione Sturgeon del 19 novembre 2009 della CGUE, ha equiparato la cancellazione del volo con il relativo prolungato ritardo ai fini dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), punto iii) del regolamento, desumendo che “il diritto alla compensazione pecuniaria del passeggero del volo ritardato scaturisce non già dal disagio per l’attesa snervante in aeroporto, bensì dal verificarsi ipso facto per ritardo superiore alle tre ore“. Il predetto principio, ulteriormente confermato dalla sentenza Nelson del 23 ottobre 2012 della CGUE, Grande Sezione, stabilisce che ai fini risarcitori è sufficiente dimostrare la perdita di tempo e non è necessario che i passeggeri forniscano la prova di aver subito un danno individuale.
Peraltro, la Suprema Corte ha altresì ritenuto priva di rilievo la circostanza relativa alla preventiva comunicazione inoltrata al tour operator circa il ritardo del volo, ritenendo irrilevante che il passeggero abbia effettivamente subito un danno per godere della compensazione de qua, essendo sufficiente l’oggettiva sussistenza del ritardo di oltre tre ore, come pacificamente avvenuto nel caso in esame.
Anche l’intrinseca contraddittorietà e illogicità dell’esigenza che il passeggero si presenti all’accettazione in aeroporto, come se la comunicazione della compagnia aerea non vi fosse stata per poi attendere ivi ore in attesa dell’imbarco, viene in risalto nella decisione in esame, risultando una tale esigenza chiaramente contrastante con la ratio dell’articolo 3, paragrafo 2 lettera a), del Regolamento CE n. 261/2004, rappresentata dall’esigenza di porre in risalto la tutela del passeggero, così come evidenziato dalla Corte di Giustizia dell’U.E..
La norma in questione prevede, infatti, che la compensazione ha luogo ogni qualvolta i passeggeri “dispongano di una prenotazione sul volo in questione e, tranne nei casi di cancellazione, si presentino all’accettazione secondo le modalità stabilite e all’ora precedentemente indicata“. E nella fattispecie all’esame della Corte di legittimità, la ricorrente aveva appunto comunicato, tramite il tour operator, il nuovo orario del volo, al quale dunque è necessario fare riferimento ai fini dell’applicazione della norma in argomento, in luogo dell’orario originariamente fissato e poi annullato dalla stessa compagnia aerea, poiché, altrimenti, l’informazione data in ragione della sopravvenuta ragione di ritardo risulterebbe priva di senso e utilità pratica. Insomma, non vi è dubbio che la sentenza in nota appaia di grande interesse e rappresenti un significativo progresso nella tutela dei diritti dei passeggeri e nella definizione della responsabilità delle compagnie aeree in caso di ritardi, ponendo correttamente l’accento sulla rilevanza del rispetto del tempo dei passeggeri, da valutare necessariamente come bene giuridicamente tutelabile.